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18 novembre 2008

Rabbia

Fasci di rabbia
che diventano legna da bruciare,
se non sono ossigeno per respirare.
Parole stampate
di versi gridati,
inutili pensieri
da guidare in retromarcia.
Saluto il domani con una sana certezza:
non sarò io a giudicarmi
e questo mi consola.

30 ottobre 2008

Pioggia di ricordi


In controtendenza con la pioggia che cade,
vorrei solo che ti giungesse lassù la pioggia
di lacrime di un urlo di figlio.

Mi manchi

18 dicembre 2007

Binario

Due linee che corrono separate.
Quanta fatica cercare di unirle,
ma se sono parallele non si incontreranno nemmeno.
Sarebbe possibile cambiare?
Vorrei una bella monorotaia.

20 novembre 2007

Buon compleanno

Fammi un favore e fatti un ben regalo:
abbi più amore per te stesso.
Chissà mai che riuscirai ad averne di più anche per gli altri.
E basta pensare alla cifra 29!!!
Continua a crescere e basta.

16 ottobre 2007

Mistero

Vorrei potermi non sbagliare,
ma perché proprio tu?
Fatti tre conti in tasca sembra tutto a posto,
ma lo sarà davvero nei fatti?
Resta immutato il desiderio:
vorrei finisse questa stagione.

02 luglio 2007

Atene noi andiam Part 2/2

Svegliarsi in un bar ha l’indubbio vantaggio di poter bere un caffè in tempi rapidi. Mentre lo sorseggio, scorgo dai finestrini la terra greca: la meta appare sempre più vicina e l’attesa comincia a farsi snervante Dopo 21 ore di nave, termina la nostra Odissea per mare, ma ad attenderci non ci sono i Proci o Penelope, ma la “madama”. Innalzando cori che attirano l’attenzione di tutto l’equipaggio e degli altri passeggeri, risaliamo sui pullman, scortati dalla polizia. Prima di partire ci vengono distribuite sciarpe di raso celebrative della finale, che ormai nei nostri “orologi mentali” è a pochi passi di lancetta. Il tempo non è dei migliori: nuvoloni grigi che non promettono niente di buono, mentre da Atene ci avvisano che sta diluviando.
Dopo non molti chilometri, la polizia ci lascia. Atene è sempre più vicina quando attraversiamo Corinto, e mentre siamo assorti a osservare il mare sulla destra, ci ritroviamo a sinistra i pullman dei tifosi inglesi. Subito si alzano urla, cori e gestacci contro gli avversari. Per un attimo mi viene in mente una scena fantozziana di un “arrembaggio” tra un pullman di tifosi italiani e uno di scozzesi. La realtà, per fortuna, nega questa eventualità.
Gli inglesi ci sfilano a fianco anche a bordo di taxi, che formano una lunga colonna. Al successivo casello troviamo di nuovo la polizia ad accompagnarci e il nostro autista inscena un divertentissimo siparietto con le forze dell’ordine, lanciandosi in un dialogo in inglese maccheronico misto al dialetto milanese.
Quando ancora non abbiamo finito di sbellicarci dalle risate, entriamo ad Atene e ancora una volta la polizia ci lascia. Ma dove sarà lo stadio? Cominciamo a chiedercelo in tanti, soprattutto quando ci ritroviamo in una zona desertica della città, su una strada che sembra adatta a portare in montagna. Il nostro autista comincia a imprecare contro il suo collega che guida la colonna e che pare sia dotato anche di navigatore satellitare. Dopo non molto tempo ci troviamo incolonnati in una sorta di tangenziale e capiamo di essere sulla strada giusta.
Quando mancano 3 ore all’inizio della partita, giungiamo al posteggio dei pullman: qui ci accoglie un ragazzino inglese che ci saluta tenendo alta una sciarpa del Liverpool. Si alzano diverse minacce di morte, ma, per sua fortuna, il ragazzino sparisce non appena scendiamo.
Prendiamo lo stretto indispensabile per seguire la partita, alcuni si cambiano la maglietta, indossando la t-shirt che le Brigate hanno appositamente preparato per l’evento. Io ce l’ho su già da stamattina. Il sole comincia a farsi largo tra le nuvole: la serata sarà stellata per noi.
Ci incamminiamo tutti e 300 con bandiere e sciarpe, cantando festosi. In lontananza compare lo stadio e ci troviamo in mezzo a migliaia di tifosi rossoneri. Siamo come una legione che si unisce a un’armata.
Giungiamo alle transenne. Ho sempre il timore di non trovare più improvvisamente il biglietto, che viene controllato per ben tre volte prima dell’ingresso allo stadio. L’organizzazione non è delle migliori, e perdiamo molto tempo in coda: riusciamo a entrare in curva quando manca un’ora e mezza al fischio d’inizio. Lo spettacolo visivo è stupendo: siamo esattamente dietro alla porta, senza fastidiose reti che non lasciano vedere il campo. Nonostante le preoccupazioni della vigilia, siamo numericamente superiori agli inglesi. Ma è un’illusione che dura poco: col passare del tempo i reds aumentano, e ce li troviamo anche in un settore sopra di noi. Cerco di ingannare l’attesa comprando qualcosa da mangiare e da bere. Trovo solo delle Pepsi e nulla da mettere sotto i denti: fa niente, penserò dopo a mangiare, ora c’è la partita.
Sul maxischermo passano i gol dell’intera stagione europea e affiorano i ricordi: sembrava impossibile all’inizio dell’anno arrivare fin qua. Intanto le notizie sul Barone trovano una conferma, oltre che nella sua assenza, nei cori che chiedono libertà per gli ultras e in un striscione che recita: “La nostra priorità: Barone in libertà”.
I giocatori entrano in campo per il riscaldamento. Ci scaldiamo anche noi cantando per loro. Il Presidente Berlusconi viene, insieme a Ronaldo, a salutarci sotto la curva.
L’attesa viene riempita da spettacoli musical-coreografici, ma ciò non fa altro che aumentare la tensione.
Finalmente i giocatori sono in campo e l’arbitro dà il via al match: non aspettavo altro. Il Milan non sembra quello visto in semifinale contro il Manchester, anche se Kaka regala ai tifosi una “veronica”, mandandoli in estasi. Sta ormai finendo il primo tempo, ma i nostri attacchi non sembrano efficaci. Conquistiamo, però, una punizione nei pressi del limite dell’area. Reina è proprio nella porta sotto di noi, mentre Pirlo è pronto a tirar fuori qualcosa dal suo piede magico. Il pallone si alza sopra la barriera, intercetta Inzaghi che manda fuori tempo Reina: è goal! Esulto, esultiamo. Abbraccio anche un tifoso inglese venuto da Manchester per tifare Milan. Si gioisce con chiunque si trovi al proprio fianco. Rigustiamo sul maxischermo il goal di Pippo: è proprio un goal alla Inzaghi. L’arbitro manda tutti negli spogliatoi, mentre il nostro boato è ancora alto. Vorrei tanto che quel fischio fosse triplice, invece ci sono ancora 45 minuti al termine, e il ricordo di Istanbul si affaccia nella mente.
Il secondo tempo sembra scorrere veloce tra diversi cambi di fronte. Il Liverpool si fa più pressante, ma il Milan riesce a resistere e Inzaghi, pescato da Kaka sul filo del fuorigioco, raddoppia. La gioia è incontenibile e ormai si assapora la vendetta attesa per 2 anni. Il Liverpool ha il tempo di accorciare le distanze, ma la vittoria è nostra, la coppa è nostra.
Ci sentiamo tutti fratelli nell’impresa dei nostri ragazzi. Tra cori spontanei attendiamo che Paolo alzi la coppa, mentre i tifosi inglesi, seppur sconfitti, continuano a cantare il loro You’ll never walk alone. Scorgiamo le maglie bianche che salgono in tribuna a ritirare il trofeo. L’attesa è ora accompagnata da un ooohh di sottofondo che si trasforma in un gridato Olèè!! quando Maldini stende le braccia al cielo impugnando la coppa. È lei ora la beniamina dei tifosi, aspettiamo che i giocatori ce la portino sotto la curva, che ce la mostrino da vicino. Maldini, Inzaghi, Pirlo, Gattuso, Ambrosini, Dida, Gourcuff: tutti passano sotto di noi stringendola e baciandola.
È quasi trascorsa un’ora dal triplice fischio dell’arbitro e finalmente addento un panino appena fuori dallo stadio. Intanto, l’armata vittoriosa si divide festante. Ritorniamo ai nostri pullman, scambiandoci impressioni sulla partita: chi ieri temeva di tornare a lavoro sconfitto, ora non vede l’ora di presentarsi di fronte ai colleghi interisti e c’è già chi pensa alla loro festa scudetto rovinata dalla nostra vittoria.
Il Milan è sulla vetta dell’Olimpo mentre ripartiamo verso Patrasso, dove dovremo trascorrere molto tempo: il traghetto del ritorno parte alle 18. Ci viene promessa una sosta in un autogrill lungo la strada. Non c’è polizia a scortarci, giungiamo così in un’area di servizio. L’autogrill sembra troppo piccolo, si decide allora di proseguire oltre. Ancora un altro autogrill mini, stavolta ci fanno scendere. La calca è tanta e riesco a raggiungere a fatica il frigo delle birre. Ne prendo una, ma la calca mi spinge fuori, dove i “capi” stanno letteralmente trascinando la gente sui pullman. Qualcuno ha esagerato, trafugando quanto più possibile e scappando via. Risalgo sul pullman con la mia lattina non pagata, mentre il personale dell’autogrill rincorre alcuni ragazzi che abbracciano ogni ben di dio gastronomico. Il pullman resta fermo, mentre un altro comincia a muoversi. In un lampo i greci annotano i numeri delle nostre targhe e chiamano la polizia. Il nostro autista è giustamente irritato: ha paura di passare la nottata in questura. Inizia una trattativa tra i gestori dell’autogrill e i nostri “capi”. Uno di loro sale sul nostro pullman, visibilmente infuriato, comunicandoci che bisognerà fare una colletta per risarcire la merce rubata e i danni provocati: chi non è d’accordo può sempre discuterne con lui che promette schiaffi ai dissidenti.
Arriva anche la polizia e, dopo più di un’ora di mediazioni, i gestori accettano un risarcimento di 5 euro pro-capite, con la promessa di non denunciarci. Anche le forze dell’ordine chiudono un occhio: non ci portano in commissariato, ma ci scortano fino a Patrasso. Niente più soste fino all’arrivo. Il clima di festa, già svanito in autogrill, lascia spazio alla stanchezza. Mi addormento in viaggio e quando riapro gli occhi siamo già arrivati a destinazione: sono solo le 6 del mattino. Penso che 48 ore fa stavo per prendere la metropolitana, diretto a Sesto San Giovanni e ancora ignaro di quello che avrei vissuto nell’arco di due giorni. Il tempo è di nuovo brutto, chi paventava l’idea di fare il bagno resterà deluso. Mentre alcuni restano sul pullman a dormire, scendo alla ricerca di un bar dove far colazione. Lo trovo nei pressi del porto: sarà per il nome tipicamente italiano, sarà per la qualità del caffè, sarà perché non ho dimenticato che siamo campioni d’Europa, ma il cappuccino di questa mattina ha tutto un altro sapore, forse è quello che si chiama “della vittoria”.

Fine

29 giugno 2007

Atene noi andiam Part 1/2

Di nuovo in metro, come tutte le mattine, ma stavolta devo arrivare fino al capolinea. È anche più presto del solito.
Alla stazione di Sesto San Giovanni ci sono già i primi pendolari che attendono il consueto treno che li porterà a lavoro. Sembra proprio un martedì come tutti gli altri, ma non lo è. Fuori dalla stazione si sono creati gruppi di ragazzi più o meno giovani. Hanno borse, maglie, sciarpe e bandiere che non lasciano dubbi sulla loro fede calcistica: sono le Brigate rossonere e i Guerrieri ultras, i due principali gruppi di tifosi organizzati della Curva sud, sponda milanista di San Siro. Attendono i pullman che li porteranno ad Atene, dove domani si giocherà la finale di Champions League contro il Liverpool.
Trascorrono diversi minuti e chi sta andando a lavorare non manca di lanciare un’occhiata interrogativa verso 300 persone che ascoltano in silenzio un ragazzo che parla. È uno dei “capi” che sta spiegando l’importanza del viaggio, di quanto siamo fortunati a poter andare a vedere la partita. Invita tutti a evitare furti negli autogrill o scontri con eventuali inglesi che si dovessero incontrare lungo il tragitto, almeno all’andata. La ragione di queste raccomandazioni è subito svelata: evitate di farvi fermare dalla polizia, altrimenti rischiate di non vedere la partita. Se, però, qualche inglese dovesse venire a provocarvi - viene ancora detto - ricordatevi che il nostro segno è il teschio e che abbiamo avuto già 3 morti. E subito viene lanciato un coro: “Brigate rossonere, teppismo militante, parole poche, sprangate tante”.
Il tifoso oratore comincia a chiamare i passeggeri di ogni pullman, poi se ne va: verrà ad Atene in aereo, domani, insieme ad altre migliaia di tifosi.
Saliamo sui pullman e subito ci viene dato l’agognato biglietto per entrare allo stadio. È una strana sensazione tenerlo in mano: si è fatto di tutto per averlo nelle ultime settimane; è il giusto premio per tutte le lunghe code, le telefonate, le poche ore di sonno. Per le prossime 36 ore quel pezzo di carta blu varrà quanto la propria vita.
I 5 pullman partono diretti al porto di Ancona. L’autista del nostro è un volto noto ai tifosi che, dopo aver intonato simpatici cori contro di lui (se facciamo l’incidente, muore solo il conducente), contrattano il rispetto e la pulizia del mezzo con la possibilità di fumare a bordo. L’autista accetta, anche se in cambio vorrebbe una “coperta” per passare in compagnia la notte in traghetto. In poco tempo il fumo, mischiato all’inconfondibile odore di spinello, pervade il corridoio, mentre l’aria condizionata non riesce ad alleviare il caldo della giornata.
Il viaggio è animato dai cori per la squadra. Iniziano poi discorsi sulla finale. C’è chi è sicuro che sarà vendicata la notte di Istanbul e chi teme di dover ripresentarsi in ufficio da perdente, oggetto degli sfottò dei colleghi interisti e juventini. Qualcuno osa: se perdiamo io resto in Grecia.
Ci si ferma in autogrill, nessun tipo di disordine, anche se noto un ragazzo, davanti a me, che esce pagando una birra e tenendone un’altra sotto il ciglio del bancone, in modo che il cassiere non la possa vedere.
Alle 15 arriviamo ad Ancona, in anticipo rispetto alla partenza del traghetto che ci porterà a Patrasso. Sui pullman vengono distribuiti i biglietti per il “passaggio ponte” e quasi dopo un’ora saliamo in nave.
L’equipaggio ci indirizza all’ultimo piano, che in poco tempo si trasforma in un parco giochi intorno a una piscina vuota e sotto il sole. Ci si “accampa” alla meglio, spuntano palloni da calcio e i ragazzi cominciano a imitare i loro beniamini. Nuovi cori nascono spontaneamente per salutare i cugini nerazzurri che restano a casa. Il clima è assolutamente positivo, inoltre non ci sono inglesi sulla nave. Partiamo per questo viaggio: certi della meta, ma non del nostro destino.
Qualcuno si è già procurato una cabina per non passare la notte all’aperto: un posto in una quadrupla costa 62 euro, in una doppia 111. Chi se l’è potuta permettere offre agli amici uno spazio dove lasciare i bagagli o la possibilità di farsi una doccia risparmiandosi i disagi delle code.
Prima di cena, da Milano ci avvisano che è stato arrestato il “Barone”, il capo delle Brigate. La notizia ci sembra incredibilmente falsa, e anche il clima assolutamente rilassato che si respira in nave ci lascia supporre che si sia trattato di uno scherzo o di un errore.
Trascorsa la sera, una parte dei tifosi è già a riposare in cabina o per terra lungo i tappeti rossi che percorrono la nave. Gli altri continuano a girare i diversi piani, in cerca della discoteca, inneggiando cori sulla droga e un fastidioso “in trasferta non si dorme”, proprio per svegliare chi si sta assopendo.
Dopo le 2, anche i divanetti del bar si trasformano in comodi letti, ed è qui che trascorro 5 brevi ore tra le braccia di Orfeo.
Continua...

18 giugno 2007

Non sai quanto ho sofferto e le conseguenze che continuo a soffrire per i tuoi gesti e le tue parole.
Cos'è allora questa tua sorta di carità?!

Questo è uno stupido grido che non ti meriti...è la ferita a parlare

31 maggio 2007

BisZio


Ho da poco saputo che diventerò per la seconda volta zio.
Nel frattempo, come si può vedere, il mio primo nipotino cresce bene...e con sani principi!

03 maggio 2007

Barbun!!

Per qualche minuto indosso i panni di un tifoso interista.

Dopo anni di attesa (lo scudetto dell'anno scorso non ho avuto il tempo di festeggiarlo) finalmente questa pazza Inter mi dà la gioia di vincere il tricolore. Ho tirato fuori dall'armadio la mia vecchia bandiera: avevo già cucito lo scudetto 15 prima della partita con la Lazio. E' un pò squalcita; colpa di quel maledetto 5 maggio e di quel tricolore che ho dovuto scucire in fretta e furia (salvo rimetterlo un pò ingiallito lo scorso settembre). La città si è riempita di polvere e naftalina, ma per un giorno ce la siamo ripresa. Ho visto in tv altri tifosi come me in piazza Duomo che non riuscivano neanche a parlare e ad esprimersi: non siamo abituati a queste sensazioni. Qualche mio amico nerazzurro mi ha sempre detto che noi siamo nati per soffrire, perciò esultare ci riesce davvero difficile.
Adesso la società ha organizzato una festa a San Siro: cantanti, giocatori, acrobati e fuochi d'artificio per festeggiare insieme. Forse è tutto un pò esagerato. A Roma quando hanno vinto lo scudetto hanno fatto una festa al Circo Massimo, ma sono stati un pò più morigerati e soprattutto non hanno chiesto ai loro tifosi di pagare per partecipare. E invece la nostra società sì. Ci chiede di pagare un biglietto per entrare, anche a chi ha seguito tutto l'anno la squadra abbonandosi. Dopo anni di attesa dobbiamo subire questa beffa da quelle stesse persone che hanno sperperato e sprecato inutilmente soldi. Basterebbe l'ingaggio dell'inutile Recoba per pagare una festa coi fiocchi per tutti! Speriamo che ci ripensino...
Intanto ormai tutta Milano è con gli occhi ad Atene. Noi, naturalmente, siamo con il Liverpool, anche perchè una vittoria dei cugini significherebbe un'invasione rossonera della città. Le nostre bandiere che ora sventolano sarebbero rimpiazzate da altre. Sinceramente ho timore che ciò possa avvenire. Forse anche la nostra società visto che ha pensato bene di organizzare la festa allo stadio proprio il giorno prima della finale di Champions, proprio per godere fino all'ultimo della possibilità di essere i soli a gioire a Milano, perchè se malauguratamente il Milan dovesse vincere, per noi sarebbe l'ennesima beffa. Perciò speriamo in un regalo di Gerrard e Co.
Ma intanto, caro Moratti, lasciati dire che sei proprio un Barbun!! Tuo padre non ci avrebbe nemmeno provato a farci questa carognata!!

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